La mia attività come psicoterapeuta

Di seguito potrai conoscere quali sono i disturbi di cui mi occupo, quali sono le condizioni che potrebbero richiedere un sostegno psicologico in cui ho acquisito una formazione certificata e il target di pazienti a cui rivolgo i miei trattamenti

 

AREA ADULTI

All’interno del mio studio effettuo attività di valutazione, diagnosi e trattamento delle seguenti patologie: disturbi d’ansia (attacchi di panico, fobie, disturbo d’ansia sociale, disturbo d’ansia generalizzato), disturbo depressivo maggiore, disturbo ossessivo compulsivo, disturbo da stress post-traumatico, disturbo di dismorfismo corporeo, disturbo da ansia di malattia, disfunzioni sessuali, disturbi del comportamento alimentare e disturbi di personalità.

 

COPPIE

In questi anni di lavoro come psicoterapeuta ho potuto constatare di frequente come una delle paure più intime che accomuna la maggior parte degli esseri umani sia legata al timore di rimanere soli. In effetti, sentirsi parte di un gruppo, vivere relazioni soddisfacenti e ricevere la stima e l’accudimento amorevole degli altri sono alcuni fra i bisogni più importanti di ciascuno di noi.

Fra i diversi legami emotivi che si possono instaurare nell’arco della propria vita, quello con il partner è spesso fra i più delicati da gestire.Divergenze di opinioni, aspettative contrastanti, difficoltà nella risoluzione dei problemi e nella gestione delle emozioni difficili, giochi di potere e patologie comunicative, possono spesso alternarsi determinando l’entrata in crisi della coppia e, infine, la rottura della relazione.

All’interno del mio studio cerco di “prendermi cura” delle coppie in crisi attuando interventi che si propongono di:

  • Aiutare i partner ad acquisire una maggiore consapevolezza sulle dinamiche comunicative e relazionali presenti nella coppia e sui possibili fattori coinvolti nel mantenimento della crisi;
  • Favorire in ciascun membro la capacità di esprimere e regolare le proprie emozioni, di comunicare in modo efficace e di collaborare con l’altro per provare ad affrontare e risolvere i problemi insieme;
  • Facilitare il superamento di difficoltà che si manifestano nella sfera sessuale;
  • Aiutare a elaborare ed eventualmente superare il tradimento;
  • Sostenere entrambi i partner nelle difficoltà che possono manifestarsi nel rapporto con i figli;
  • Recuperare il piacere di condividere il tempo e fare le cose insieme;
  • Ridurre il livello di conflittualità e ripristinare una condizione di equilibrio e un senso di appartenenza alla coppia che possano essere ritenuti da entrambi i partner soddisfacenti.

 

PERSONE GAY E LESBICHE

Sebbene nella comunità scientifica internazionale sia stato ampiamente riconosciuto che l’omosessualità non rappresenta una condizione patologica e nonostante a livello sociale il tradizionale modo di concepire le persone e le coppie omosessuali sia profondamente mutato nel corso del tempo, nella loro vita quotidiana, purtroppo, gay e lesbiche sono ancora oggi spesso vittime del pregiudizio omofobico.

L’atteggiamento di ostilità nei confronti delle persone omosessuali (a cui in genere ci si riferisce con l’espressione “omofobia sociale“) si manifesta attraverso lo scherno, la discriminazione, l’allontanamento e il rifiuto e tramite episodi di violenza fisica, psicologica e sessuale. In un simile contesto emergere pubblicamente come omosessuali (coming out) può non essere semplice e molti, infatti, per lo meno nelle fasi iniziali di presa di consapevolezza, decidono di vivere la loro omosessualità nel più totale nascondimento. Nel lungo termine, tuttavia, questa scelta si rivela pericolosa per il benessere e per l’equilibrio psichico personale poiché impone continui sforzi di allontanamento dal proprio vero sé.

Oltre a dover combattere l’omofobia sociale, in molti casi gay e lesbiche apprendono e fanno propri molti dei pregiudizi sull’omosessualità diffusi nel contesto sociale in cui vivono. In proposito viene utilizzata l’espressione “omofobia interiorizzata” per riferirsi, appunto, all’interiorizzazione da parte di gay e lesbiche della visione sociale omofobica che viene appresa, accettata come corretta e applicata verso di sé. Detto in altri termini, alcune persone gay e lesbiche sono condizionate, ancor prima che dall’omofobia altrui, dai loro stessi pregiudizi nei confronti dell’omosessualità.

A livello soggettivo l’omofobia interiorizzata si manifesta con una forte percezione di inadeguatezza (“Io sono sbagliato”, “Non vado bene”, “Sono una persona di poco valore”), con pesanti emozioni di vergogna, rabbia, senso di colpa e tristezza e con bassi livelli di accettazione della propria omosessualità che, preferibilmente, viene mantenuta nascosta.

 

Da anni lavoro con persone gay e lesbiche proponendo trattamenti finalizzati a:

  • Favorire l’accettazione del proprio orientamento sessuale;
  • Scardinare l’omofobia interiorizzata e facilitare la riduzione dei comportamenti di nascondimento della propria omosessualità;
  • Facilitare l’elaborazione di episodi di violenza omofobica cui la persona può essere stata vittima;
  • Sostenere la persona nel suo processo di coming out, soprattutto per quanto riguarda il momento della rivelazione in famiglia;
  • Aumentare i livelli di autostima;
  • Aiutare gay e lesbiche cattolici a risolvere il conflitto che potrebbero sperimentare fra la fede religiosa e il loro orientamento sessuale.

 

GENITORI DI FIGLI OMOSESSUALI

Nella storia di molti uomini e donne che si scoprono omosessuali troviamo spesso il racconto di famiglie che si mostrano impreparate ad accogliere con accettazione la scoperta dell’omosessualità del loro congiunto.

In effetti, nella maggior parte dei casi ogni genitore cresce il proprio figlio/a nell’aspettativa che diventerà un adulto eterosessuale mentre la possibilità di un orientamento omosessuale non è mai presa in considerazione o, comunque, pensata in modo critico e con rifiuto. Del resto, il contesto storico e culturale in cui sono cresciute le generazioni precedenti era fortemente caratterizzato da una visione negativa dell’omosessualità, in genere equiparata a una malattia, a una perversione o a un peccato contro natura.

Il peso dei condizionamenti sociali e religiosi, in genere, è causa di reazioni avverse da parte dei genitori che, richiamando alla loro mente tutti gli stereotipi e i pregiudizi appresi nel corso del tempo sull’omosessualità, reagiscono spesso alla rivelazione del proprio figlio/a con disorientamento, rabbia e sconforto.

Come rilevato da numerose ricerche condotte in ambito scientifico, tuttavia, nella maggior parte dei casi i genitori riescono con il tempo a modificare il loro modo di concepire l’omosessualità, cominciandola a pensare come a una caratteristica positiva del proprio figlio/a che, insieme a tante altre, contribuisce a definire la sua identità.

In genere, questo risultato è l’esito di un cammino caratterizzato da fasi diverse e che, talvolta, può richiedere il sostegno di un professionista psicologo.

Nella mia pratica clinica vengo sempre più spesso contattata da genitori confusi e in difficoltà in seguito alla scoperta dell’omosessualità del proprio figlio/a. In questi casi il mio intervento si propone di:

  • Aiutare i genitori ad elaborare la notizia, specie coloro per i quali la scoperta è divenuta un elemento destabilizzante da un punto di vista emotivo;
  • Aiutarli a gestire le emozioni dolorose che potrebbero sperimentare e sostenerli nelle diverse fasi che caratterizzano il cammino di accettazione dell’omosessualità del proprio figlio/a;
  • Incoraggiare la messa in discussione dei loro pregiudizi e dei condizionamenti culturali e religiosi che veicolano messaggi contrari all’omosessualità;
  • Favorire il recupero del rapporto con il proprio figlio/a qualora questo fosse stato compromesso;
  • Favorire nei genitori cattolici di figli gay e lesbiche la risoluzione del conflitto che potrebbero sperimentare fra i loro valori religiosi e l’orientamento sessuale del figlio/a.